La Corte Costituzionale, con sentenza n. 59 del 1° aprile 2021, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 18, settimo comma, secondo periodo, dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/1970), così come modificato dalla riforma Fornero del 2012, nella parte in cui prevede che il giudice, quando accerti la manifesta insussistenza del fatto alla base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, “può altresì applicare” – invece che “applica altresì” – la disciplina di cui al medesimo art. 18, quarto comma.
È stata così stabilita, in via definitiva, l’obbligatorietà della reintegrazione (anche) in caso di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento cd. economico, evidenziando che il potere discrezionale precedentemente attribuito al giudice, rappresentasse di fatto, un’inaccettabile violazione del principio di eguaglianza, tale da generare una seria disarmonia all’interno dell’articolato sistema di tutele predisposte per il lavoratore illegittimamente licenziato.
Difatti, nonostante i tentativi della giurisprudenza di ancorare il percorso decisionale del magistrato a criteri valutativi predeterminati e standardizzati, la disposizione censurata, nel prevedere una mera facoltà discrezionale di concedere o negare la reintegrazione, contrasta inevitabilmente con il diritto del lavoratore a non essere estromesso ingiustamente o irragionevolmente dal suo impiego.
La questione di incostituzionalità, si precisa, veniva sollevata dal Tribunale di Ravenna lo scorso 7 febbraio 2020 in riferimento agli artt. 3, primo comma, 41, primo comma, 24 e 111, secondo comma, della Costituzione, successivamente all’esame dell’opposizione di un datore di lavoro contro l’ordinanza di reintegra di un dipendente licenziato per giustificato motivo oggettivo.
Nello specifico, il giudice di merito aveva ritenuto che il carattere meramente facoltativo della reintegrazione, determinasse un’arbitraria disparità di trattamento tra “situazioni del tutto identiche, ossia il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo oggettivo dei quali si sia accertata in giudizio l’infondatezza (addirittura la manifesta infondatezza per il G.M.O.)”.
Condividendo tale orientamento, il Giudice delle Leggi ha rilevato, che l’aver previsto, nell’analoga ipotesi di manifesta insussistenza del fatto in relazione alle due fattispecie del licenziamento disciplinare e del licenziamento economico, due rimedi diversificati per quanto concerne il margine di applicabilità della tutela reintegratoria – obbligatoria nel primo caso e puramente facoltativa nel secondo – pone un concreto problema di compatibilità con principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), neppure superabile alla luce della intrinseca differenza concettuale esistente tra le due tipologie di licenziamento.
Invero, secondo la Consulta “le peculiarità delle fattispecie di licenziamento, che evocano, nella giusta causa e nel giustificato motivo soggettivo, la violazione degli obblighi contrattuali ad opera del lavoratore e, nel giustificato motivo oggettivo, scelte tecniche e organizzative dell’imprenditore, non legittimano una diversificazione quanto alla obbligatorietà o facoltatività della reintegrazione, una volta che si reputi l’insussistenza del fatto meritevole del rimedio della reintegrazione e che, per il licenziamento economico, si richieda finanche il più pregnante presupposto dell’insussistenza manifesta.”
L’insussistenza del fatto – sia pure diversamente graduata – diventa dunque l’elemento necessariamente qualificante il riconoscimento della reintegrazione, introducendo quella risposta sanzionatoria omogena, auspicata da tempo, nei confronti dell’arbitrario esercizio del potere di licenziamento a prescindere dalla qualificazione datoriale del provvedimento espulsivo impugnato.
Pertanto, sancita l’irragionevolezza del criterio distintivo adottato e rimosse le conseguenti disparità di trattamento, il lavoratore italiano ritrova finalmente quella tutela piena ed effettiva che il nostro sistema democratico rivendicava da tempo, abolendo definitivamente il potere discrezionale del giudice nella scelta dei rimedi della reintegrazione e dell’indennità risarcitoria in caso di manifesta insussistenza del fatto alla base del licenziamento economico.

Articolo redatto dalla Dott.ssa Silvia Gismondi.